#15 Peonie bianche in tazza grande
Bollente d'inverno, freddo d'estate: per molte di noi la conoscenza del tè si ferma qui. Ma, secondo la Medicina Cinese, il tè è molto più di una bevanda e ha le sue stagioni. Scopri i tè di primavera
« […] il tè, che custodisce l’ebbrezza dell’avventura, si consuma paradossalmente nei momenti di sedentarietà, di sospensione del tempo, di ritorno a sé. […] Grazie a questo suo dualismo, tra nomadismo e sedentarietà, il tè ci invita ad abbracciare le nostre peregrinazioni e i nostri attracchi, ad avvicinarci a una concezione del viaggio fatto di tappe, a navigare seguendo le casualità dei cammini e degli incontri […] Non un’esistenza caratterizzata dall’ostinazione in un movimento lineare, ma piuttosto da cicli e interruzioni: un’esistenza nel corso della quale si impara ad andare in frantumi, a spezzarsi, ma nel modo giusto». Lucie Azema
Un paio di giorni fa, il supplemento Food del Guardian ha pubblicato una lettera intitolata Why you should avoid coffee in the UK – and tea in Italy (Perché dovresti evitare il caffè in Inghilterra - e il tè in Italia). Come dar loro torto: la tazza di tè al limone è la cosa più buona del cibo di ospedale e non è molto diversa da quella che mi sono vista rifilata in quelle rare volte in cui ne ho ordinata una al bar nei pomeriggi di inverno. Non credo ci siano dubbi su questo: in Italia è un eufemismo dire che non abbiamo una grande cultura del tè (a dirla tutta, nemmeno del caffè, ma questa è un’altra storia).
Verde o nero. Freddo d’estate, bollente d’inverno. Con o senza zucchero e limone. Per molte di noi la conoscenza del tè finisce qui. Quindi, forse, sarai sorpresa nel leggere che, di questa bevanda millenaria, la più diffusa al mondo dopo l’acqua, esistono migliaia di varietà, alcune delle quali preziose, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, per accompagnare l’organismo proprio in queste settimane di primavera, nel delicato passaggio dallo yin estremo dell’inverno allo yang estremo dell’estate. E, visto che questa primavera è particolarmente fredda, piovosa e ballerina e che, secondo i meteorologi, il cambiamento sarà brusco e ci aspetta un’estate di fuoco, ho pensato di dedicare questa puntata di Terracielo a uno dei modi in cui più dolci e gentili con cui provare a preparare il terreno del nostro corpo all’afa che ci aspetta. Per non farci cogliere impreparate all’esplodere del Wild Wheather Ahead (auguri).
La scienza del tè per la Medicina Tradizionale Cinese
In Medicina Tradizionale Cinese il tè non è solo una bevanda, ma un vero e proprio cibo-medicina: non a caso, secondo la leggenda, il tè fu scoperto dal dio Shen Nong 神农, padre dell’agricoltura e della medicina. Esistono diverse versioni di questa storia: ve ne racconto una che combina le mie due preferite.
Shen Nong aveva una grande pancia di cristallo, grazie alla quale si poteva vedere cosa succedeva nel corpo a tutto ciò che gli finiva nello stomaco. Per poter dire alla gente quale pianta potesse essere mangiata, quale fosse velenosa e quale potesse essere usata come medicina, Shen Nong ingurgitava qualsiasi pianta gli capitasse a tiro. Un giorno, dopo averne ingerite 72 diverse, non si sentì molto bene: si guardò nella pancia e vide che i suoi organi stavano morendo, piano piano. Così, si sedette sotto un grande cespuglio e, mentre faceva bollire un pentolino con acqua, ci finì dentro qualche foglia dell’arbusto sotto cui riposava. La bevanda era amarognola, il sapore in bocca un po’ strano, ma lui si sentì subito meglio: grazie a questo chá (il carattere cinese 茶 chá, tè”, è l’evoluzione del carattere cinese 荼 tú che originariamente aveva il significato di “pianta amara commestibile”), i suoi organi tornarono a stare bene e il nostro dio mangiaerba si rimise in forze.
Le foglie che lo avevano salvato erano foglie di tè e così Shen Nong e il mondo scoprirono il potere medicamentoso del tè. Un cibo-medicina, appunto.
Ne Le strade del tè (Tlon), la saggista femminista Lucie Azema ne spiega bene il significato:
Durante la mia prima lezione di cinese mandarino all’università, l’insegnante l’aveva tracciato su una grande lavagna bianca: 茶 [l’ideogramma usato in tutta la Cina per il tè, ndr] è formato dall’alto in basso dal radicale dell’erba, quello dell’uomo e quello dell’albero.
Tchá insomma è “armonia dell’uomo con la natura” e tutti i nomi del tè nel mondo (dal tea degli inglesi al cha dei portoghesi, ovvero sia quelli che derivano da tchà che quelli che derivano da Tè/tey) porteranno in sé questa radice etimologica, perché la parola tè nasce qui, così. Sotto un arbusto ombroso in Cina che collega l’uomo alla natura.
Viste al microscopio: cosa c’è davvero nella tua tazza di tè?
La scienza occidentale non ha un dio a tessere le lodi del tè o una parola a disegnarne la centralità per l’armonia del corpo, ma ne conferma le virtù di benessere. Intervistato per Donna moderna, Marco Montagnani, maestro taoista (tempiodelleseiarmonie.it) e autore con Franco Berrino de Il cibo della saggezza (Mondadori), mi ha raccontato che «grazie ai suoi principi attivi (antiossidanti tra cui polifenoli, flavonoidi, stimolanti come caffeina e teina, vitamine gruppo B) tonifica reni, polmoni e stomaco, schiarisce la mente, abbassa il tasso di grasso nel sangue contrastando malattie cardiovascolari e ictus, agevola la digestione dei grassi e favorisce la diuresi, ritarda l’invecchiamento, aiuta a prevenire infiammazione e tumori. E, come mostrano studi che stiamo conducendo con Franco Berrino, può rendere più difficile la vita a infezioni e virus».
Ma dire tè non basta: ne esistono migliaia di varietà, ognuna con caratteristiche organolettiche e nutrizionali specifiche, che possiamo racchiudere in sei grandi tipologie: verde, bianco, giallo, rosso cinese (quello che per noi Occidentali è il tè nero), oolong e pu’er.
Spesso pensiamo che, un po’ come patate, carote e zucchine, varietà diverse siano prodotte da piante diverse, mentre non è così: tutte le tipologie di tè provengono da una sola pianta, la verdissima Camellia Sinensis. A fare la differenza sono le parti della pianta che finiranno nella nostra tazza e il processo di lavorazione delle foglie dopo la raccolta: sono queste due variabili a conferire alla nostra bevanda caratteristiche energetiche, nutrizionali e organolettiche molto diverse.
Per preparare il tè nero, per esempio, le foglie vengono fatte fermentare e quindi ossidate, mentre quelle destinate a finire nelle tazze di tè verde vengono appena scottate a vapore entro pochi minuti dal raccolto, proprio per bloccarne l’ossidazione.
Il cibo-medicina della prima parte della primavera, specie quest’anno che è ancora così acerba, è il tè bianco. Sai cos’è?
Il tè bianco: la primavera in tazza
È il tè di primavera per eccellenza, l’unico che si ottiene dalla lavorazione delle gemme (non delle foglie) della pianta: quando vengono raccolti, i germogli sono ricoperti da una lanugine bianca che viene fatta fermentare insieme a loro. «Nella nostra tazza finisce tutta l’energia di queste gemme: sono il punto di ripartenza cosmica, la rinascita dopo l’inverno, e la bevanda sarà carica della stessa energia che serve al nostro organismo per eliminare il freddo e la stasi accumulati nei mesi che abbiamo alle spalle, per ripartire con nuova linfa» mi ha spiegato Montagnani.
In Medicina Cinese si dice che il tè bianco sia il più indicato per riequilibrare l’elemento Legno del nostro corpo, che si associa, nella visione Orientale, agli organi di Fegato e Cistifellea, deputati a ripulire e alleggerire l’organismo dagli eccessi di freddo e umidità (ristagni) dell’Inverno. Quando questa energia non è in equilibrio, oltre alle funzioni alterate di depurazione, emergono sentimenti di collera, frustrazione, stress. Il Fegato - lo abbiamo già visto, ma repetita iuvant - è considerato il Generale delle Armate del corpo, ovvero quello che mette a punto una strategia di difesa, e un elemento Legno in equilibrio ci consente anche di rafforzare le difese immunitarie e tenere a bada allergie e malanni di stagione.
Tra i tè bianchi, il mio preferito è il Pai Mu Tan o Bai Mu Dan, in Occidente più noto come White Peony (Peonia Bianca): ha un aroma fiorito, un gusto vellutato e dolce, quasi di miele, dal sentore erbaceo a lungo persistente. Ti riporta la natura in tazza: sembra di camminare tra l’erba fresca e i fiori di campo.
All’apparenza leggero, il tè bianco non è una tisana.
Il Silver Needle, un tè bianco che io amo, contiene più caffeina di un Pai mu tan, per esempio, e poco meno di un tè verde. I composti eccitanti nei tè sono argomenti controversi e, soprattutto sui tè bianchi, online troverete informazioni contraddittorie. Questo perché il gusto “leggero” induce tanta gente a credere che sia privo di caffeina, ma non è vero. Non è possibile stabilire a priori il contenuto di caffeina e teina di un tè (dipende da tanti fattori: vi lascio qui due link di approfondimento: link 1 e link 2 ) ma mi preme sottolineare che non sono tisane, né camomille.
Per questo, meglio consumarli a colazione o comunque fino al primo pomeriggio. Per prepararlo correttamente, infondi 3 g di foglie in 250 ml di acqua a 70 gradi (basta un minuto). Puoi continuare a utilizzare le stesse foglie in infusioni successive, fino a 2 litri di tè. Ricorda: la caffeina è quasi tutta nella prima tazza.
Terracielo di oggi è dedicata a Zoe, appena nata a Barcellona da mamma Giulia e papà Mattia. Ciao piccola peonia di primavera, ti stavamo aspettando
Buona settimana, di tazze fiorite, attracchi, ripartenze. A giovedì prossimo
LINK:
Un link per approfondire l’etimologia del tè e la radice di senso di questa parola uguale in tutte le lingue del mondoI benefici del tè bianco, dal punto di vista occidentale (se la medicina orientale non ti basta)
Se vuoi approfondire la storia del tè e i legami con la contemporaneità, ti consiglio Le strade del tè (Tlon), l'ultimo saggio di Lucie Azema, dal sottotitolo magnetico: Sorseggiare il tempo. Da Samarcanda alle suffragette inglesi, l'autrice ripercorre la storia di questa bevanda millenaria in una prospettiva nuova e femminista. Scendendo anche nel buio dei suoi giorni più dolorosi, che proprio una tazza di tè selvaggio (pu’er) riesce a illuminare.
Molto interessante come tutto ciò che scrivi
La cultura del caffè sta crescendo in Italia, piano ma sta crescendo. Sul tè siamo in effetti siamo molto indietro, ma a conti fatti mi verrebbe da chiedere quanto lo siamo rispetto ad altri paesi occidentali (dove, per l'appunto, la cultura del caffè è invece più sviluppata).
Qualche mese fa sono stato a Taiwan e tra tè e caffè mi sono estremamente divertito (ne ho parlato in una delle mie ultime newsletter) finendo addirittura a passare una giornata intera in una enorme fiera tutta dedicata alle due bevande. Ma l'approccio è comunque quello di un visitatore in terra straniera che può cogliere gli aspetti superficiali. Senza una guida è difficile addentrarsi nei meandri della conoscenza.
Per questo ti consiglio un podcast bellissimo: si chiama In viaggio col tè, ed è co-condotto dalla titolare della Teiera Eclettica di Milano, un'enciclopedia vivente del tè. La quantità di informazioni che è in grado di fornire in una singola puntata è strabiliante!